Medico
famoso, uomo affascinante e paradossale, Georg Groddeck (1866-1934)
fu il primo che si valse dei metodi psicoanalitici nella cura delle
malattie organiche; fu anche il solo, fra i pionieri della
psicoanalisi, a non voler mascherare quella componente di guaritore,
di mago, che deve esserci in chi opera sulla psiche dell’uomo-.
Groddeck diffidava delle teorie troppo rigide, era insofferente di
ogni gergo tecnico e mai avrebbe rinunciato alla sua fantasiosa
ironia. Naturale perciò che la sua opera più nota,
Il libro dell’Es, pubblicato per la prima volta a Vienna
nel 1923, sia il meno accademico, il meno ortodosso fra i testi
salienti della psicoanalisi. Trattato psicoanalitico sotto forma di
romanzo epistolare, pedagogia radicale, piegata in un giuoco alterno
di sfavillante malizia e di tenera intimità, contro tutti i
possibili tabù, Il libro deIl’Es è un
carteggio fra il medico-psicoanalista Patrik Troll e una sua amica.
In un linguaggio diretto, di una spregiudicatezza rabelaisiana (la
pruderie volle che le copie della prima edizione uscita in
Inghilterra fossero sigillate), Groddeck espone la propria concezione
dell’inconscio, da lui denominato Es , termine che poi anche
Freud adottò. Le sue dimostrazioni sono condotte su una massa
di casi clinici, di storie, di aneddoti, di ricordi, tratti dal
repertorio della sua ricchissima esperienza terapeutica. Il tono è
sempre leggero, mobilissimo, pronto all’autoironia.
|